venerdì 23 luglio 2010

THE BOX - Richard Kelly

Richard Kelly ormai è abituato a dividere critica e fan, fin dai tempi di quel Donnie Darko che si attirò tantissimi elogi (meritati) e anche parecchie critiche (spesso non del tutto campate in aria).
Dopo un secondo film distrutto dalla critica, torna con questo The box, pellicola che senza dubbio non mancherà di allargare la forbice tra coloro che lo amano e coloro che lo ritengono sopravvalutato.

The box è tratto da un racconto breve di Richard Matheson, al quale Kelly cerca di abbinare il suo stile che ormai appare consolidato, in un vortice dei scene che finiscono per porre domande alle quali per la gran parte dei casi non c'è nessuna risposta.
Se in Donnie Darko il tutto funzionava alla grande, vista la straordinaria tensione ed atmosfera che il film sapeva creare (grazie anche alle musiche, agli accenni al contesto culturale nel quale il tutto era inserito, all'ottima prova di tutto il cast...), in questo caso spesso gli attori appaiono ingessati, e privi dello stesso spessore.

Ad una prima parte sicuramente molto interessante e ingegnosa, magari un po' lenta ma dotata di un suo fascino, segue una seconda nella quale la fantascienza più spinta prende il sopravvento, col rischio di lasciare lo spettatore disorientato.
Quello che all'inizio sembra un semplice e ben congegnato thriller si trasforma così in una pellicola dove farci entrare di tutto.

Tra le cose positive sicuramente c'è l'ottima interpretazione di Frank Langella, che riesce a rendere il suo personaggio inquietante al punto giusto, e per tutta la durata del film.

Insomma alla fine dei conti Kelly non affascina come Donnie Darko, e non delude come Southland tales: ad un ottima realizzazione dello scenario che sta sullo sfondo, una prima parte molto inquietante, una serie di ottimi tocchi registici, abbina la consueta voglia di strafare, di inserire rimandi e citazioni, di porre domande senza risposta (anche se molto meno che in passato), e di stupire lo spettatore magari anche quando non se ne senta la necessità.
The box finirà per scontentare coloro che già non avevano amato Donnie Darko e piacerà a coloro che avevano amato già alla follia lo stile di Kelly.
Per gli altri, The box è un film più che discreto.

Voto 7+

lunedì 5 luglio 2010

Dead Space - EA Redwood Shores



Di videogiochi horror se ne sono visti tanti negli ultimi 15 anni, e spesso appartenenti a filoni piuttosto diversi, seppur accomunati da una buona dose di suspance, di mistero, quando non di splatter allo stato puro.
Tutto cominciò naturalmente con quel Resident evil, indicato da tutti come l'inizio degli incubi a sfondo videoludico (Alone in the dark si può in un certo senso considerare un pioniere del filone, un gioco che preannuncia qualcosa che in esso non è ancora del tutto compiuto).
Le inquadrature, le scene ad effetto, certo machismo tipico di alcuni b-movies, tutto riconduceva a film fatti per spaventare, non certo per far riflettere: non a caso la trama di Resident evil si basava su un semplice canovaccio, neanche troppo originale, ma tremendamente efficace, soprattutto nell'ambito di un mezzo come i videogames che poco avevano esplorato questo genere di cose.

Qualcuno però ad un certo punto si accorse di volere qualcosa di più, di cercare un esperienza diversa, più basata sull'introspezione, sul mistero legato alla natura dei personaggi di una storia, sull'orrore accennato più che mostrato.
Nacquero così giochi come Silent Hill, che spaccarono in due tronconi le proposte future, che cercavano di avvicinarsi a quel genere (ad esempio "Project Zero" e "Forbidden siren" schierati sul fronte "psicologico", mentre altri come "Cold Fear" seguivano il "maestro" Resident Evil).

Col tempo però le due saghe principali hanno perso smalto, e gran parte del loro fascino: Resident evil sempre più affascinato da da un eccessiva dose di action che in pratica lo ha trasformato in uno sparatutto in terza persona (RE5 è si un bel gioco, ma purtroppo forse non è davvero un Resident Evil: la tensione, il mistero e la suspance vengono definitivamente sacrificati in favore dello splatter e delle sparatorie), Silent hill incapace di rinnovarsi, relegato sempre nel suo angolo, a continuare a ripetersi all'infinito.

Nel 2008 arriva, quasi in sordina, questo Dead Space e l'impressione e subito quella di ritrovarsi di fronte ad un Resident evil 4 ambientato nello spazio. Non è esattamente così.
Innanzitutto il fatto di essere ambientato "nel vuoto" è una componente fondamentale del gioco, che influisce parecchio: molti combattimenti avvengono in assenza di gravità ed il rischio è sempre presente, proprio perchè ciò da la possibilità ad i nemici di presentarsi da qualsiasi direzione.
Il fatto poi di essere ambientato, per quasi tutta la sua durata, in luoghi chiusi, aumenta la sensazione di claustrofobia, riportandoci quasi all'epoca in cui aprendo una porta non sapevi mai cosa tu potessi trovarti di fronte (Resident Evil e Resident Evil 2).

La trama non è originalissima, almeno all'inizio ("La Cosa" e "Alien" sono stati saccheggiati con dovuta cura), ma con il passare del tempo tutto si farà più "movimentato", e ci saranno anche parecchi colpi di scena, e soprattutto nel finale...
Il protagonista non è il solito eroe pieno di muscoli alla Chris Retfield, ma un uomo qualunque, che si ritrova a fare determinate cose perchè costretto dagli eventi, o più semplicemente spinto da uno scopo "personale", più che da spirito magnanimo. In definitiova si potrebbe definire un anti-eroe.
Il fatto che il suo volto non sia praticamente mai visibile durante il gioco (lo sarà soltanto all'inizio in maniera "sfumata", e alla fine) aumenta in un certo senso l'immedesimazione.

Magari non è un gioco che "fa paura" (come sostengono in molti), ma sicuramente una buona dose di tensione (soprattutto tenendo alto il volume, visto che il sonoro è uno dei suoi fiori all'occhiello) la provoca.

Purtroppo ci sono anche delle note dolenti: il doppiaggio di Dario Argento rovina in parte l'eperienza. Sarà pure un (ex) maestro del brivido, ma la sua voce nel gioco farà scoppiare più di qualche risata.
Alla lunga inoltre si avrà una sensazione di ripetitività (tamponata in parte con minigiochi del tutto fuori contesto), ma è sicuramente uno dei migliori titoli horror dell'ultima generazione di videogames (se non il migliore)

Voto 8,5.