venerdì 22 novembre 2013

SOLE A CATINELLE - di Gennaro Nunziante

Checco Zalone è Checco Zalone, non ci sono vie di mezzo, prendere o lasciare. La sua comicità ormai è un marchio ben consolidato: elogio dell'ignoranza dell'italiano (e in particolar modo pugliese) dei nostri tempi, che proprio in quanto ignorante può permettersi un campionario di battutacce a sfondo razzista e politically “scorrect” (per il pubblico italiano).

Questo tipo di comicità e queste battute se fossero pronunciate da qualsiasi altro comico molto meno "intelligente" (si, a differenza di Checco, Luca Medici sa perfettamente quello che fa, ed è pure molto furbo) risulterebbero becere e patetiche, Checco invece riesce a rendere, grazie alla sua "ingenuità", tutto perdonabile.
Medici dice di avere come punto di riferimento Alberto Sordi e per quanto ciò al pubblico questo possa apparire un'eresia (e forse lo è) la cosa non è del tutto campata in aria. Se pensiamo alla comicità e ai film dell'Albertone nazionale troviamo proprio quel concentrato di cinicità, di opportunismo, di malcostume, di grettezza dell'uomo di quei tempi, una comicità molto più caustica, meno "filtrata", più cattiva e crudele di quella di altri film.

Checco non è il nuovo Alberto Sordi e non potrebbe esserlo, non è cinico "consapevolmente", i suoi film non hanno nessuna ambizione (per quanto qualche lieve scintilla c'è: nel primo si parla tra le tante cose di razzismo e omofobia, nel secondo di terrorismo, in questo della crisi), ma anzi scelgono di tenere il piede in due scarpe.

E' qui che sta il successo probabilmente di un personaggio del genere: è "cattivo" ma non per scelta, fa battute su argomenti molto delicati ma lo fa in modo da risultare lo stesso simpatico, esprime allo stesso tempo il meglio ed il peggio dell'italiano medio, la sua comicità non è né d'élite né bambinesca e da decerebrati (alcune battute appaiono più semplici di quanto in realtà siano). Checco quindi riesce a mettere d'accordo pubblici molto diversi ed è questo più che altri il suo più grande merito.

Già solo per queste considerazioni, siamo decisamente una spanna sopra ai film appartenenti allo stesso genere che invadono giornalmente i cinema italiani.

Sole a catinelle non si distacca dal consolidato filone "metereologico", anzi sceglie di rendere ancora più sottile la trama per lasciare campo libero al comico pugliese, che ancora una volta ci mostra un Italia piena di contraddizioni e di grettezza morale laddove Checco è la mina vagante, l'ignorante che spiazza tutti con la sua moralità dubbia ma genuina.

L'intreccio è stravisto e il finale probabilmente è un po' troppo affrettato ma tutto questo, come detto, anziché risultare il pilastro del film è invece il contorno. C'è poco da dire a livello puramente tecnico: recitazione e regia sono nella media (ma Nunziante naturalmente non è solo quello), così come la recitazione è funzionale.

Ennesimo centro insomma? Si e no. Rispetto al primo film questo è molto meno "fresco", è sicuramente più limitato e viene a galla una certa ripetitività, invece rispetto alla cinematografia comica attuale italiana siamo su un livello più che buono (con concessioni che altri film non si possono o non si vogliono permettere).

Voto 7-

Nessun commento: